La considerazione di aspetti di natura ambientale, sociale e di governance o ESG (Environmental, Social, Governance) nella supply chain diventa un argomento molto caldo tra i CPO (Chief Procurement Officer). È ancora piuttosto arduo procurarsi fornitori conformi ai criteri ESG e assicurarsi che questi mantengano la giusta direzione. 

Nel sondaggio Refinity dello scorso anno, circa due terzi (65%) degli intervistati rivela di sapere o sospettare che le loro terze parti potessero essere state coinvolte in una serie di attività illegali o dannose per l’ambiente.

Riuscite ad immaginare i danni causati alla reputazione di un’azienda se il comportamento scorretto di uno dei suoi fornitori ESG venisse condivisa sui Social Media? Che si tratti di un processo industriale inquinante, di maltrattamento dei dipendenti o di lavoro minorile, tutti noi sappiamo che una notizia di questo genere potrebbe diventare virale in un secondo e portare ad un totale boicottaggio dell’azienda in questione.

Tutti ricordiamo il crollo dell’edificio della fabbrica di abbigliamento in Bangladesh che nel 2013 uccise più di mille persone. L’impatto sui loro clienti, come ad esempio Primark, Benetton e Walmart fu disastroso. Più di recente lo scandalo della carne di cavallo ha completamente screditato Spanghero, in Francia.

 

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